Ricette estive: granita alla mandorla

La granita alle mandorle è una ricetta tipica della tradizione della cucina siciliana, è buonissima e la potete preparare anche in casa senza troppe difficoltà ed avrete un dessert buonissimo come quello che trovate nelle pasticcerie e nei bar siciliani. La granita alla mandorle probabilmente ha origini siracusane dato che è da sempre la terra delle mandorle. Preparate anche voi questa sfiziosa granita, se non trovate il panetto potete usare o lo sciroppo di mandorla oppure il latte di mandorla già pronto.

Ingredienti

* Mandorle a panetto: 300 gr
* acqua: 1 litro
Ricetta e preparazione

Seguite le istruzioni.

1.

Prendete una pentola e mettete l’acqua, usate quella minerale perchè quella del rubinetto potrebbe contenere troppo calcare, portate a ebollizione e poi fate intiepidire. Spezzettate il panetto con le mandorle e poi metteteli dentro l’acqua, mescolate in continuazione per farli sciogliere.
2.

Trasferite il composto in un contenitore d’acciaio e mettetelo in freezer per 40 minuti, mescolate per rompere i cristalli di ghiaccio e poi ponete di nuovo in freezer.
3.

Ripetete questa operazione ogni mezz’ora per 4 ore.

Consigli

Se volete potete incorporare anche tre albumi montati in modo da avere una granita più cremosa.

Melanzane alla Beccafico

Siamo nel cuore dell'estate... eccovi un'altra ricetta con la protagonista gastronomica di ogni estate siciliana: la melanzana!
Un modo diverso, squisitamente siciliano, di condire le melanzane, variazione sul tema delle ben più note "sarde alla beccafico"... con il classico tocco di agrodolce che renderebbe gustoso anche un pezzo di legno!

Durante la doratura in forno la vostra cucina si riempirà di un profumo favoloso... certo prima, a causa della frittura delle melanzane, la casa si sarà riempita di puzza che imperverserà per 3 giorni... quisquiglie! Mettete su fuoco lento, in un pentolino, acqua, scorza di agrumi, foglie di alloro, mezza stecca di cannella e qualche chiodo di garofano... fate sobbollire a lungo... la puzza di fritto e altri eventuali sgradevoli odori di cucina saranno efficacemente contrastati!

Un sistema "furbo" per avere melanzane fritte "con poca fatica" ci sarebbe ma... "condizio sine qua non" per metterlo in pratica sono: avere in casa una vagonata di melanzane violette; trovarsi inaspettatamente armate di "santa pazienza", direi in stato di beatitudine quasi; avere il piano di cottura già sporco e il giorno successivo o, meglio, dopo 2 ore fissarsi l'appuntamento dal parrucchiere!

Bene se le condizioni ci sono tutte, il sistema è friggere una maggiore quantità di melanzane quindi agire come sempre, eliminare l'eccesso di olio, farle raffreddare, salarle e infine adagiarle su un piatto di plastica a gruppi di 10 fette e chiuderle in sacchetti per surgelare. Così, "alla bisogna", basterà scongelarle, ci vorrà circa un'ora, per ritrovarsi con delle fette di melanzane fritte, pronte ad essere usate come meglio credete senza che l'aria di casa ne abbia a risentire... e senza (quasi!) fatica!

D'altro canto come diceva Seneca... "Per aspera ad astra"!
Ingredienti per 4 persone:
1 melanzana piuttosto grossa di tipo " violetta"
180 gr di pangrattato casalingo e grossolano, se possibile!
4 cucchiai di pecorino grattugiato
5 cucchiai di grana grattugiato
40 gr di uvetta passolina
50 gr di pinoli
Qualche foglia di alloro
1 ciuffo di basilico
1 ciuffo di prezzemolo
1 spicchio d'aglio
Olio extravergine d'oliva q.b.
Olio di arachide q.b per friggere la melanzana
Sale q.b.
Pepe nero macinato al momento q.b.

Lavate la melanzana, se volete sbucciatela, affettatela e friggetela in abbondante olio di arachide o extravergine d'oliva (per la frittura perfetta rileggete la ricetta de i "gamberoni vestiti d'oro"). Mettete le fette a scolare i litri di olio che si saranno "bevute" durante la frittura in uno scolapasta, poi passatele anche su carta assorbente, quindi salate.

Reidratate l'uvetta passa in acqua calda (passaggio da non saltare mia questo, perché l'uvetta oltre a reidratarsi deve essere lavata!) per una mezz'ora circa quindi sciacquatela e strizzatela ben bene.
Mettete l'aglio, il basilico ed il prezzemolo in un tritatutto e azionatelo sino ad ottenere un trito aromatico non troppo fine.
In una terrina preparate un composto col pangrattatto (lasciandone da parte 2 cucchiai per la gratinatura finale in forno), il pecorino, il grana, l'uvetta rinvenuta, i pinoli, sale e pepe nero ad libitum ed il trito aromatico... amalgamate il tutto.

Non resta che preparare gli involtini: stendete le fette di melanzane su un piano, distribuitevi sopra la farcia "mollicosa" e profumata, arrotolatele; mettete gli involtini in una teglia intramezzandoli con le foglie di alloro che durante la gratinatura sprigioneranno tutto il loro aroma, spolverizzate col pangrattato che avevate messo da parte e date un giro di olio extravergine, senza esagerare ovviamente.

Passate in forno caldo a 180° per circa un quarto d'ora e, comunque, finché gli involtini saranno leggermente dorati.
Potete servirli subito ma sono anche più gustosi se mangiati appena tiepidi, quindi preparateli tranquillamente con un certo anticipo.

Enjoy
Dadra - cataniaoggi.com

Per riabilitare i cibi del Messinese A Brolo buoni pasto per i turisti

Brolo, paese della provincia di Messina, si mobilita per rimediare alla notizia, che sarebbe poi risultata priva di fondamento, della preparazione in paese delle lasagne che avrebbero provocato la morte di una donna di Falcone. Così, per riabilitare l’immagine degli operatori danneggiati dalla vicenda, per quattro giorni la pasta al forno sarà in distribuzione gratuita nei ristoranti e nei locali autorizzati alla vendita di prodotti alimentari.
L’iniziativa nasce dalla collaborazione tra i commercianti brolesi e l’amministrazione comunale. Cinquemila i “buoni pasta” in distribuzione all’ufficio turistico per turisti e villeggianti per acquistare porzioni di pasta al forno nei punti
vendita che hanno aderito all’iniziativa.
Secondo il sindaco Salvo Messina, che preannuncia denunce contro chi ha tirato in ballo il suo paese collegandolo a quanto avvenuto a Falcone, “l’iniziativa servirà a rilanciare con i fatti la buona qualità dei prodotti gastronomici brolesi”. Un campo “l’enogastronomia – dove Brolo da anni si spende bene, partecipando a fiere che legano turismo e gastronomia; puntando sul galà del gelato; sulla riscoperta dei prodotti e dei sapori del territorio”.
“La pasta sarà per tutti i turisti ed i villeggianti, ma anche per la stampa, per i giornalisti, per le troupe televisive che possono constatare, di fatto, lo standard di qualità che regna dentro forni, cucine, e attività gastronomiche”, afferma il sindaco.

livesicilia.it

La gastronomia siciliana e le guide Sicilia

Per pochi altri posti come per la Sicilia parlare di cucina e' iniziare un viaggio dentro il viaggio, incontrando piatti che dischiudono prospettive di tempo e suggeriscono immagini di luoghi. Cucina ricca di prodotti fragranti, sapori che stanno, cosi' come la posizione geografica dell'isola, in un delizioso equilibrio tra terra e mare. Una cultura gastronomica iscritta nella tradizione mediterranea, aglioconcetto che trova in questo caso tra le piu' elevate realizzazioni. In Sicilia la varieta' di piatti e' ricca di prodotti, spezie e profumi che testimoniano quanto l'isola si sia, da secoli, trovata al centro di mire e attenzioni di popoli di ogni dove. Le tante dominazioni hanno lasciato monumenti e ruderi a ricordo del loro passato splendore, hanno profondamente segnato il paesaggio con le colture introdotte e seminato tracce in abitudini e modi di vita facilmente riscontrabili ancora ai giorni nostri soprattutto in cucina. Un passato cosi' ricco non poteva che lasciare in eredita' un panorama variegato di testimonianze e la gastronomia non e' da meno.
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Non e' possibile parlare di cucina siciliana come di un'unica entita': le diversita' originate dalle differenti influenze culturali si sono incrociate con quelle determinate dalla diversita' tra cucina della costa e dell'interno; due mondi ancora lontani, ma tra i quali, a causa delle difficolta' di spostamento, esisteva un tempo un solco profondo. Pensare alla tradizione gastronomica siciliana e' allora come immaginare una tavolozza di colori, tonalita' forti, accanto a tinte sfumate, un gioco di richiami e di rimandi suggestivi piu' che decifrabili. Si puo' sicuramente accennare qualche linea interpretativa certi del piacevole spiazzamento che la realta' sapra' offrire.

Come in tutte le cucine povere e' ad esempio ricorrente l'abitudine del piatto unico; le paste di vario tipo e cucinate in modi diversi, arricchite dai prodotti del posto finiscono col diventare l'intero pasto. E' il caso della pasta con le sarde, piatto che da Palermo si e' diffuso ovunque sull'isola; delle paste con ortaggi e legumi dell'interno; delle varie paste al forno quali la pasta 'ncaciata messinese, per giungere alle varianti ricche di echi culturali come la catanese pasta alla Norma (con pomodoro, melanzane e ricotta salata).

Prima ancora della pasta e' pero' il pane ad assolvere questa funzione nutritiva. I tanti tipi di pane di cui la Sicilia e' ricca si sono sempre accompagnati a quanto la zona offriva, olio, origano e pomodoro per il piu' diffuso pane cunsato (condito), da consumarsi caldo, appena sfornato al piu' insolito pane ca' meusa crostino con la milza venduto sulle bancarelle per le strade di Palermo.
La familiarita' con i prodotti naturali ed una semplicita' di fondo e' cio' che ancor oggi piu' caratterizza la cucina della parte orientale dell'isola, culla della Magna Grecia. E' facile riscontrare analogie con la cucina dell'interno segnata da abitudini contadine e caratterizzata dall'utilizzo di verdure ed ortaggi. La melanzana ne e' un esempio significativo, da essa traggono origine piatti appetitosi fino a giungere alla sua glorificazione nella parmigiana.

I prodotti della pastorizia hanno un posto di rilievo, mentre il consumo della carne e' un'eccezione spesso riservata alla festa. La preparazione piu' comune e' alla brace, vengono utilizzati soprattutto il maiale, ma ancor piu' l'appetitoso castrato.

Nella parte occidentale segnata dall'influsso arabo e dalle tradizioni di corte, la cucina si fa piu' ricca, ricercata e dai contrasti insoliti. In analogia al paesaggio, all'austera semplicita' dei templi greci si sostituiscono le raffinatezze da "mille e una notte" della Palermo araba e la sovrabbondanza dell'architettura degli edifici barocchi. La caponata di melanzane e' un esempio di come diversamente vengano elaborate le verdure, il falsomagro (grosso rotolo di carne con ripieno di prosciutto, formaggio e uova) o gli involtini alla palermitana (ripieni di pangrattato, uva passa, pinoli, formaggio e aromatizzati con alloro e cipolla), lo sono per le carni, le sarde a beccafico (con pangrattato, limone, pinoli) per i pesci. Piatti la cui complessita' aveva bancarelle di frutta e verduraanzitutto la funzione di ostentare ricchezza. Non manca tuttavia anche nelle grandi citta' una cucina d'ispirazione popolare, cucine di strada come friggitorie, forni e bancarelle che offrono ogni sorta di piatti a tutte le ore (sfinciuni e panelle per esempio).

Tornando agli influssi storici, e' agli Arabi che si deve l'introduzione degli agrumi, dello zucchero, della cannella e dello zafferano, oltre a quella del riso che qui ha avuto modi di cottura ed utilizzi diversi da quelli del nord, ma diffusione altrettanto capillare, basti pensare alle arancine (con ripieno di ragout di carne e piselli o di prosciutto e formaggio), una sorta di emblema della cucina isolana, spesso il primo incontro gastronomico in occasione di un viaggio in Sicilia.
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Il pesce, come ovvio, e' proposto con ricchezza di preparazioni e di varieta'; tra di esse anche per il posto che da sempre occupa nella tradizione popolare merita rilievo il tonno, ma ovunque vengono proposte sarde e alici, mentre lo spada e' piu' tradizione del messinese. Particolari le preparazioni alla ghiotta (cipolle, olive, capperi e pomodoro) e nel trapanese il cuscusu, versione isolana del cuscus di origine magrebino realizzato appunto con pesce.

Attenzione particolare merita la pasticceria che in Sicilia fa parte delle abitudini quotidiane, il suo profumo e' nell'aria come quello delle piante odorose (rosmarino, finocchietto selvatico, origano, nepitella) che si incontrano lungo il viaggio.

I DOLCI IDEATI NEI CONVENTI - basti pensare alla variopinta frutta martorana, che prende il nome dall'omonimo monastero palermitano - hanno piacevolmente invaso l'isola. Cannoli, cassate, pignoccata, biancomangiare o il tradizionale gelo di "melone" (gelatina di anguria) sono i piu' diffusi, ma ogni provincia e' ricca di novita' e sorprese. Non si possono poi ricordare i gelati e le granite, prodotti squisiti dell'abilita' artigiana, ma priuma ancora abitudini, riti che parlano di altre dimensioni del tempo. E' considerato un obbligo, nelle giornate estive, offrire all'ospite una granita di caffe', di limone o di mandorle, ma la letteratura parla di raffinatezze quali la granita di gelsomino consumata dai fratelli Piccolo nel loro rifugio di Cala Novella.

I vini dell'isola erano considerati un tempo solo da taglio, ma oggi, anche se non tutti hanno raggiunto la rinomanza del liquoroso marsala, vini da tavola e a denominazione d'origine quali l'Alcamo, l'Etna rosso, il Corvo o il Regaleali riservano attimi di intensa piacevolezza. Tra i vini da dessert oltre al citato marsala vanno ricordati il Moscato di Noto, il Passito di Pantelleria e la Malvasia delle Lipari.
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A Castellana Sicula via alla sagra della pecora

A Castellana Sicula fervono i preparativi per la Sagra della Pecora, manifestazione gastronomica e ricreativa, organizzata dalla locale Ass.Op.Eco. (Associazione Operatori Economici), per la quale sono previsti 3 giorni in cui “la pecora” sarà oggetto e soggetto di preparazioni culinarie e occasione di piacevole aggregazione. Giorno 9 si inizierà con un incontro-dibattito sulla zootecnica e l’agricoltura come ipotesi di sviluppo territoriale, che vedrà la partecipazione di operatori, e tecnici del settore. Martedì 10 alle ore 20,00 verranno aperti gli stand per la degustazione delle differenti preparazioni culinarie della pecora, preparate dai ristoratori locali e da Antonio Pilo di Ploaghe (Sassari), coorganizzatore di una delle  più famose sagra della pecora che si svolgono in Italia, giunta alla XXVI edizione; la manifestazione sarà anche l’occasione di un gemellaggio tra due realtà isolane, figlie della cultura contadina. Mercoledì mattina alle 10,30 si ricomincia con “a ricotta cu sieru e u pani i casa”, una dimostrazione dell’antico procedimento di caseificazione, durante la quale dopo aver rivissuto l’atmosfera del “marcato”, si potranno gustare la tuma e la ricotta calda col siero. La sera sarà possibile apprezzare nuovamente le numerose ricette a base di pecora locale. Tutte i momenti gastronomici saranno allietati da musica folk e le giornate si concluderanno con spaghettate e ballo liscio.

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Under 50, benestante e in cerca di relax. Ecco l'identikit dell'enoturista siciliano

(Antonio Di Giovanni) È uomo fra i 30 e i 50 anni, laureato, reddito medio-alto, spende per bottiglie anche più di 50 euro al mese, si muove generalmente con familiari e amici, visita le cantine più di una volta all’anno ma, soprattutto, lo fa per scoprire le attrattive turistiche e culturali del territorio circostante. È l’identikit dell’enoturista siciliano tratteggiato in uno studio svolto da due ricercatori dell’università di Catania, Vincenzo Asero e Sebastiano Patti.
L’indagine, resa nota in questi giorni (maggiori dettagli su Vitevinonews.it, il periodico on line dell'Istituto regionale Vite e vino diretto da Umberto Ginestra, ndr), è stata condotta “sul campo” nel 2009 attraverso interviste a circa 400 visitatori di 16 aziende vitivinicole aderenti al Movimento per il turismo del vino, che offrono ricettività e ristorazione. «La crescita del fenomeno enoturistico in molte regioni italiane evidenzia – scrivono Asero e Patti – la necessità di ricerche che possano essere di aiuto ai produttori vitivinicoli nella gestione della domanda enoturistica: ciò diventa importante se i produttori di vino vorranno beneficiare del turismo del vino come mercato potenziale».
Secondo gli autori della ricerca «le cantine sono il centro di attrazione ma non possono autonomamente tendere ad essere coinvolte in due mercati differenti, il mercato del vino e quello del turismo». Da qui il suggerimento finale di «una comprensione della simbiosi tra i comportamenti del consumatore del vino e del turista del vino» per «organizzare l’offerta enoturistica, massimizzando l’esperienza della visita in cantina».

Nel dettaglio, gli intervistati erano nel 59,7% dei casi, uomini. Il 30,1% ricadeva nella fascia di età 30-39 anni, il 23,1% nella forchetta tra i 40 e i 49 anni. Il 52% era laureato (di questi l’11,9% anche con titoli post-laurea) e il 43% diplomato. Quanto al reddito, il 51,1% rientrava nella categoria media e il 31,6% in quella con reddito elevato. Passando al comportamento di spesa, la ricerca evidenzia che il 55% degli intervistati acquista almeno cinque bottiglie al mese, il 31% tra sei e dieci, il 14% almeno 11.

La spesa mensile media è sopra i 25 euro per il 30% degli intervistati, tra 26 e 50 euro per il 40%, tra 51 e 100 euro per il 19%. L’enoturista viaggia accompagnato da amici nel 39% dei casi, da familiari (23,8%), dal partner (23,3%). Il 46,2% visita una cantina più di una volta all’anno. Soprattutto, ha come motivazione principale «visitare cantine ma anche scoprire le attrattive turistiche circostanti» (60% degli intervistati).

«Gli enoturisti – scrivono i due ricercatori catanesi – scoprono il vino viaggiando e attraverso esperienze culturali, ad esempio assaggiando la gastronomia popolare; oppure visitano cantine in quanto il loro primo interesse è il vino o per migliorare la loro conoscenza del vino. Lo studio conferma quest’atteggiamento, infatti gli intervistati, sin dal momento in cui selezionano una cantina da visitare, sembrano essere più influenzati dalla reputazione del vino e della regione di produzione del vino; ricercano opportunità di relax e per migliorare la conoscenza del vino ma sembrano essere anche interessati all’ambiente naturalistico e culturale delle destinazioni visitate».
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Teatro del gusto, eletta la "Chef siciliana 2010" sul palco del Golisano Village firmato SlowFood

È di Collesano la migliore cuoca del 2010. Si chiama Lina D'Agostaro e si è aggiudicata il titolo ieri sera nel corso del Teatro del Gusto organizzato nel paese madonita dall'Associazione culturale Golisano Village, con un piatto tipico della tradizione siciliana: la lingua in agrodolce.

Un vero e proprio spettacolo che ha visto coinvolte otto cuoche siciliane, già selezionate su quaranta iscritte al concorso per la particolare preparazione dei piatti e la scelta degli ingredienti. Le otto “star per una sera” si sono alternate su un palco, ai fornelli di una cucina francese dal design particolare e con una storia lunga 300 anni, e hanno preparato in diretta i propri manicaretti, seguite da due chef d'eccezione: Aldo Pacciulli del ristorante Metrò di Catania e Salvatore Baggese, del ristorante Romitaggio di Castelbuono. Leit motiv dei piatti in concorso: che fossero tipici e preparati tutti con ingredienti locali, preferibilmente presidi SlowFood.

La giuria, composta da giornalisti ed esperti, ma anche da rappresentanti dell'associazione Slow Food e dai sindaci di Collesano, Giovanni Meli, e Castelbuono, Mario Cicero, ha scelto il piatto vincitore tra gli otto presentati nel ricco menù: due antipasti abbinati ad un vino Zibibbo secco, due primi e un secondo innaffiati con un Nero d'Avola, e tre dolci accompagnati da un Passito di Pantelleria.

Ad aprire le danze lo sfincione preparato da Domenica D'Angelo, l'unico presentato in concorso, e il timballo di melanzane di Mariangela Gargano.

A dare il massimo sul palco, Santina Grisanti con le sue tagliatelle al pomodoro e fagiolo Badda di Polizzi Generosa. Un piatto preparato esclusivamente con prodotti locali, a partire dalla materia prima. “Ho utilizzato la semola di Russello”, ha spiegato la cuoca, “perché è una varietà di frumento antichissima ricca di glutine”. Per non parlare della salsa, ottenuta da pomodoro siccagno di Caltavuturo, e della cipolla e del basilico prodotti a Collesano. “Ho voluto valorizzare i prodotti tipici della nostra antica cucina”, ha spiegato la cuoca, “con la speranza che possano tornare ad essere protagonisti della migliore gastronomia siciliana”. Un trionfo di sapori, ben miscelati tra loro, la pasta incaciata di Adriana Ilardo, preparata con un ragù della nonna con carne sfilacciata di maiale, vitello e agnello.
Ma è stata la lingua in agrodolce ad incantare la giuria. Un filetto ben cucinato, affogato in una salsa agrodolce di sedano, olive bianche in salamoia, pinoli e cioccolata, con una pioggia di uva passa, precedentemente ammollata, e cedri canditi.

Dulcis in fundo, a chiudere il menù, il buccellato di Maria Iacuzzi, i biscotti di mandorle di Rosa Costa, e le sfinci di San Giuseppe di Mariangela Gargano. Una serata in cui i veri vincitori sono stati i prodotti tipici della tradizione gastronomica siciliana. “L'agroalimentare siciliano è ricco di prodotti di qualità che vanno valorizzati”, ha spiegato Pippo Privitera, responsabile siciliano di SlowFood, “e in questo contesto un ruolo importante è giocato dai produttori di vino, che rappresentano la punta d'eccellenza del settore, un'eccellenza riconosciuta in tutto il mondo”. E del resto i recenti numeri diffusi dalla Montepaschi di Siena, che vedono il vino in testa all'export, parlano chiaro.

Un successo che potrebbe fare da traino nei confronti degli altri prodotti dell'agroalimentare. “Perché ciò accada è necessaria un'azione di comunicazione mirata ai consumatori”, spiega Giuseppe Ficcaglia, del comitato organizzatore, “in modo che sentano, gustando i piatti tipici, la differenza con tutto quello che oggi è standardizzato e industriale”. Una promozione che passa dunque dal recupero delle tradizioni, che in Sicilia hanno numeri di tutto rispetto. Basti pensare che i presidi Slowfood dell'Isola sono circa 30, sui 180 in tutta Italia.
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Mangiare bene in Sicilia: ecco le pietanze migliori

Solitamente accade che le tradizioni gastronomiche dipendono dalla storia, dal clima ed anche dalla religione del luogo. Potrebbe tornarvi utile sapere cosa mangiare durante le vostre vacanze in sicilia tra monumenti e profumo di salsedine.

Palermo, in quanto capoluogo siciliano è stata sempre la sede dei governanti di Sicilia, Re Normanni, Viceré Borboni, Emiri, Francesi e Spagnoli, per questo motivo, i cuochi ebbero la necessità di trasformare i cibi poveri in pietanze che sembrassero agli occhi dei governanti, ricchi e sfarzosi.

Così da trasformare il semplice riso in gustose e dorate arancine o gli ortaggi in piatti buoni e colorati come la caponata di melanzane o la frittella.

Il " Monsù, il cuoco monsieur, era colui che dava il tocco di eleganza ed originalità alle pietanze, signore e capo della cucina.

E' dalla Francia che il cuoco monsieur, prese il nome di Monsù, appellativo che lo contraddistingueva dagli apprendisti, è proprio dai Monsù i giovani cuochi imparavano i segreti della cucina siciliana, soprattutto su come presentare in tavola le varie portate, sui tempi di cottura, sul dosaggio degli ingredienti. Il titolo di Monsù era pregio motivo di orgoglio e si tramandava da padre in figlio.

Mangiare bene in sicilia: ecco le pietanze miglioriNon c'era nobile che non avesse nella propria cucina un cuoco francese, il Monsù. che stava ad indicare il cuoco, monsieur, rispetto alla massa degli sguatteri che affollavano le cucine, egli veniva chiamato così anche dai governanti datori di lavoro che gli riconoscevano un ruolo diverso rispetto agli altri servitori.

I nobili siciliani, nelle grandi riunioni conviviali e nei pranzi ufficiali, si accontentavano di gustare i delicati piatti francesi, ma nella vita di ogni giorno invitavano i loro Monsù a creare pietanze dai sapori più decisi e robusti.

I Monsù, realizzavano per i loro signori, una serie di pietanze rielaborate con l'arte raffinata di chi sa bene utilizzare l'alchimia dei sapori e degli odori, utilizzando quanto la terra di siciliana produceva.

La cucina palermitana è composta da una grande moltitudine di ingredienti ed aromi che si accostano tra loro, formando allo stesso tempo piatti raffinati e poveri, dolci e salati e che rendono la cucina stessa particolare e unica.

Tra i primi piatti che predominano la gastronomia palermitana c'è

* la pasta con le sarde
* la pasta c'anciova
* lo sformato di anelletti al forno
* la pasta con i broccoli arriminati"

tra i secondi piatti abbiamo

* le sarde a beccafico
* la caponata di melanzane
* le arancine di carne
* la semplicissima bistecca panata alla palermitana.

Tra i piatti particolari e sfiziosi troviamo

* le panelle, frittelle di farina di ceci
* le crocché impasto fritto a base di patate;
* cardoni fritti in pastella;
* le quaglie;
* i stigghiola, budelli di agnello arrostiti alla griglia ed arrotolati con del prezzemolo, si mangiano caldi e bruciacchiati

sono tutte specialità che si trovano solo nei mercati della città : la Vucciria, il Capo, Ballarò, il Borgo Vecchio o nelle cosidette "friggitorie".

Altra pietanza caratteristica è lo sfincione che si può gustare anche dagli ambulanti che girano per le strade, in ultimo abbiamo la famosa focaccia con la milza.

Per quanto riguarda la pasticceria la regina incontestata è la Cassata siciliana, a base di crema di ricotta, pasta reale e canditi; i cannoli con ricotta; i taralli ripieni di cedro candito; la sfince di S. Giuseppe, il buccellato, il gelo do melone i pupi di zucchero e la pasta reale.

Nel mese di Novembre, in occasione della commemorazione dei defunti, vengono prodotti ed esposti in bella mostra nelle vetrine delle pasticcerie, i dolci dei morti: i famosi pupi di zucchero, fatti da statuette variopinte, molto colorate, che in origine si ispiravano ai personaggi dei paladini francesi e alle danzatrici orientali, oggi invece vengono prodotti nelle più svariate forme ed i frutti di martorana o di pasta reale, modellati a forma di fragole, pesche, arance, etc.a seconda della fantasia del pasticciere produttore.

Il pane, assume un sapore diverso a seconda dell' impastato adoperato con farine di diverso tipo. In alcuni comuni, in occasione della Festa di San Giuseppe o della Santa Pasqua, fanno i Pani votivi, è un tipo di pane che viene fatto in svariate forme come, animali, fiori, angeli, oppure arnesi da lavoro o sculture.

Non sono assolutamente da trascurare i gelati ed i sorbettieri, famosi in tutto il mondo.

I gelati vengono fatti in migliaia di gusti diversi adoperando di tutti i tipi di frutta fresca come: melone, fichi, fragole, more, gelsi neri, banane, etc.., oppure con frutta secca come: noci, nocciole, pistacchi.

In ogni zona della Sicilia troviamo un tipo di gelato caratteristico, per esempio la specialità di Trapani è il gelato di scorzonera, invece a Catania troviamo il gelato fritto e le ineguagliabili torte imbottite.

A Palermo, il gelato si mangia in qualunque stagione dell'anno.

Nelle vicinanze di Palermo, nei borghi marinari di Mondello e Sferracavallo, i pescatori vendono sia ai passanti che in alcuni locali tipici, frutti di mare, ricci o polpo già bollito e tagliato a pezzetti, irrorarto con succo di limone e servito in grandi piatti di tipica ceramica siciliana.

Monreale, prodotti tipici in degustazione da domani

PALERMO. Prenderà il via domani, alle 21, in coincidenza con la manifestazione nazionale 'Calici di stelle', il ciclo di serate organizzate dal Comune di Monreale, con la partnership dell'Istituto regionale della vite e del vino, per promuovere l'economia monrealese. Domani le 'Notti di Bacco' saranno celebrate nelle terrazze panoramiche di Villa Savoia. E' previsto un intrattenimento musicale ma, protagonisti della serata, saranno formaggi, olio, biscotti e pane, che verranno offerti gratuitamente in degustazione, così come il vino prodotto dalle oltre 20 aziende imbottigliatrici del comprensorio. (gds 9 agosto 2010)

Tuna folk festival, cultura, spettacoli e gastronomia dal 14 al 24 agosto a Marzamemi(SR)

Dal 14 al 24 agosto il borgo marinaro di Marzamemi ospiterà la settima edizione del Tuna Folk Festival, dieci giorni di eventi all'insegna del binomio pesce - tradizioni.

Si comincia il 14 agosto alle ore 20 con la sagra del "Pesce spada all'ortolana" (Via Jonio - Largo Balata) per proseguire con un ricco calendario di appuntamenti culturali, mostre, spettacoli teatrali e musicali, degustazioni, stand enogastronomici tra Viale Ionio e Piazza Regina Margherita, fino al 21 e 22 agosto con la sagra "ra tunnina".
Tante le novità dell'edizione 2010. A cominciare proprio dagli spettacoli di folklore (canti popolari, poesie in vernacolo, teatro dialettale) che allieteranno le serate e dalla valorizzazione delle tradizionali attività delle tonnare e dell'artigianato legato alla pesca, con la proiezione di filmati "storici" dell'istituto Luce, una mostra di attrezzi di Mastri d'ascia e pescatori, un convegno sul costituendo Museo del Mare, l'unico in Sicilia a esporre, fra le altre rarità, due "Scieri", i barconi usati per le mattanze nelle tonnare siciliane.
L'altro protagonista della manifestazione sarà il pesce, con le sagre del "Pesce spada all'ortolana" (14 agosto) e della "ra tunnina" (21 e 22 agosto). Per tutta la durata del festival, inoltre, lungo il Viale Jonio saranno allestiti stand di prodotti tipici e artigianali per i buongustai.
La manifestazione, che intende promuovere ed esaltare le qualità del tonno e del pesce dei nostri mari ma anche le bellezze naturali e culturali della Tonnara di Marzamemi, considerata fino a quarant'anni addietro una delle più importanti tonnare di ritorno della Sicilia, è organizzata dall'Associazione promozionale Sud orientale sicula con il patrocinio degli Assessorati Regionali alla Pesca, ai Beni Culturali e Identità Siciliane, del Comune di Pachino, del CE.NA.CO - Centro Commerciale Naturale - della Camera di Commercio di Siracusa, e della Croce Rossa di Pachino .

Pubblicato da Luca Russo - cataniaoggi.it

Palermo: al via a Collesano rassegna di sapori e sport montani di Sicilia 'Slowlife'

Inizia sabato prossimo a Collesano, in provincia di Palermo, "Slowlife", la rassegna annuale di saperi, sapori, suoni e sport dei comuni montani siciliani. Il programma della manifestazione, realizzata in collaborazione con l'assessorato regionale alle Risorse agricole, si svolge nell'arco di una settimana (sino al 13 agosto) e prevede iniziative nei settore dell'arte, musica, gastronomia, sport ed eventi.
Spazio anche all'approfondimento scientifico, con il convegno, organizzato dalla Soat di Collesano e in calendario domenica prossima nell'ex Chiesa San Giacomo di Collesano, dedicato alle identita' territoriali quali strumento di sostenibilita' ambientale per le produzioni di frontiera. Ai lavori del convegno partecipano delegati di Slow food Sicilia, del dipartimento regionale per gli interventi infrastrutturali in agricoltura e docenti della facolta' di biologia dell'Universita' di Palermo. (adnkronos)

Rivoluzione verde. Riso e cereali sono per tutti con la potenza dell’ibrido

DI GIUSEPPE O. LONGO - avvenire.it 3 agosto 2010

Riso, frumento, granturco. E non solo: i cereali così importanti per l’ali­mentazione umana. Tra il 1950 e il 1990 qualcosa accade, in molti Pesi del Ter­zo Mondo, in particolare Asia e America La­tina. La produzione comincia ad aumenta­re. Vertiginosamente. È la 'rivoluzione ver­de'.
La rivoluzione verde fu il risultato di consi­stenti investimenti nella ricerca agroali­mentare, che portarono allo sviluppo di col­ture ad alto rendimento e, insieme, alla pre­parazione di prodotti agrochimici più effi­caci, come fertilizzanti, insetticidi e diser­banti.
I prodromi della rivoluzione verde risalgono al 1944, quando lo scienziato statu­nitense Norman Borlaug co­minciò a introdurre in Mes­sico tecniche agrarie innova­tive, con l’intento di ridurre il rischio di carestie. Il terreno messicano era depauperato, le piante devastate dalle ma­lattie e dai parassiti, le rese scarse e i contadini soprav­vivevano a stento. Finanzia­to dalla Fondazione Rockefeller, il lavoro di Borlaug produsse in pochi anni risultati straordinari: mentre prima il Messico dove­va importare metà del fabbisogno di fru­mento, nel 1956 otteneva l’autosufficienza e nel 1964 esportava mezzo milione di ton­nellate di grano. Oggi le tecniche della rivo­luzione verde sono diffuse in tutti i conti­nenti, anche se la loro applicazione si è ri­velata difficile in alcune aree dell’Africa sub­sahariana, che soffrono ancora di carestie ri­correnti.
Il successo di queste tecniche fu tale da con­sentire alla produzione agroalimentare di te­ner testa all’aumento della popolazione: do­po il 1950 la produzione pro capite aumentò di continuo e si poté cautamente affermare che le drammatiche previsioni di Malthus e­rano state scongiurate. Nel 1798 l’economi­sta e demografo inglese Robert Malthus (1766-1834) aveva pubblicato un saggio in cui sosteneva che l’incremento della popo­lazione avrebbe spinto alla coltivazione di terre sempre meno fertili, con la conse­guenza che alla lunga il cibo prodotto non sarebbe bastato per nutrire tutti gli abitanti della terra.
Mentre infatti la produzione alimentare cresce con pro­gressione aritmetica, la po­polazione cresce con pro­gressione geometrica, dun­que molto più rapidamente.
Di qui l’invito di Malthus al controllo delle nascite, che peraltro doveva, nella sua vi­sione, essere affidato alla so­la castità. Le sue idee sono tuttora al centro di animati dibattiti tra economisti, eco­logisti e demografi.
Le tecniche agricole della rivoluzione verde si basano sull’introduzione di sementi ibri­de, ottenute mediante la riproduzione in­crociata di molte varietà locali, e mirano in primo luogo all’aumento delle rese e della re­sistenza agli agenti patogeni, ma, in subor­dine, anche a una maggiore uniformità dei prodotti, in modo da poter applicare su lar­ga scala macchinari capaci di automatizza­re ogni fase della coltivazione. La base della rivoluzione verde consiste nel- le modificazioni genetiche delle colture me­diante incroci e ibridazioni. Ma non man­cano altri ingredienti essenziali. Ad esem­pio, l’uso massiccio di fertilizzanti, che per­mette di aggiustare la composizione chimi­ca del suolo e di fornire alle piante i compo­sti di cui hanno bisogno per svilupparsi, so­prattutto i nitrati e i fosfati. Tradizionalmen­te tali composti erano forniti dai fertilizzan­ti organici (concimi animali) o grazie a pra­tiche storiche, come la rotazione delle colti­vazioni (sovescio). C’è poi l’irrigazione razionale dei suoli, che consente di ottenere più di un raccolto al­l’anno, riducendo nelle zone tropicali la di­pendenza dalle piogge monsoniche. E an­cora l’uso imponente di mac­chine agricole, come le mie­titrici. Infine l’impiego siste­matico di prodotti fitosani­tari (diserbanti e insetticidi) per estirpare le malerbe e per distruggere gli insetti nocivi. Una caratteristica importan­te delle varietà ottenute con i metodi della rivoluzione verde riguarda l’aumento dello sviluppo di quelle par­ti della pianta che trovano impiego alimentare rispetto alle parti inutilizzabili. Per esempio, nel ca­so del granturco le varietà ibride sviluppano di più la pannocchia rispetto alle foglie e al gambo. Nel caso del riso si sono confronta­te le rese di due varietà, una ibrida e una in­diana locale: entrambe forniscono la stessa biomassa per ettaro, ma su 1000 chilogram­mi la prima produce 500 chilogrammi di pa­glia e 500 chilogrammi di grani, mentre la varietà locale produce 700 chilogrammi di paglia e 300 di grani.
C’è tuttavia da osservare che se sotto il pro­filo dell’agricoltura industriale la paglia non può essere considerata un prodotto utile, e quindi si cerca di ridurla al minimo, nell’ot­tica dell’agricoltura tradizionale essa può es­sere usata in tanti modi, ad esempio per nu­trire gli animali, che sono per tradizione la fonte per eccellenza di energia a basso co­sto e producono gratuitamente preziosi con­cimi organici. La paglia e gli altri prodotti di scarto possono anche reintegrare un terre­no deprivato dei suoi nutrienti oppure con­sentono di produrre energia da biomassa.
Tra il 1950 e il 1990 la produzione sale vertiginosamente Per milioni di persone in Asia e America Latina il problema della fame è risolto

Expo Shanghai: Lombardo "Sicilia in mostra, stimolo per turisti"

Palermo. Il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, e l'assessore regionale dei Beni culturali e dell'Identita' siciliana, Gaetano Armao, hanno incontrato a palazzo d'Orleans, una delegazione di giornalisti e operatori della comunicazione cinesi, ospiti in Sicilia per preparare la comunicazione dell'Expo di Shaghai 2010.Il presidente della Regione, intrattenendosi con i giornalisti, ha spiegato che non c'e' un altro posto al mondo dove, nell'arco di tremila anni, si siano costruite tante tracce di civilta' europee e mediterranee. "Un incrocio - ha detto - che ha dato luogo ad una sintesi unica e irripetibile, dall'architettura alla gastronomia.

Spero che, quel poco di beni culturali di inestimabile valore che riusciremo a far ammirare ai cinesi, siano da spunto per venire a scoprire questa straordinaria miniera di civilta' di cultura, di lingua, arte e natura che e' la Sicilia". L'assessore Armao, ricordando che lo stand Italia all'Expo di Shaghai conta circa ottocentomila visitatori al mese, ha detto... di essere convinto che la Sicilia non poteva mancare. La sua sara' una presenza di grande prestigio che incuriosira' i cinesi, cosa che gia' avviene, vista la presenza di 25 giornalisti mandati dalle principali testate conoscere da vicino la nostra terra.Porteremo i nostri 'gioielli' - spiega Armao - dagli argenti di Morgantina alla phiale di Caltavuturo, e la musica Jazz, che la Sicilia ha contribuito a costruire dando i natali anche a due veri protagonisti nel mondo, come Cafiso e Pellerito".

di Massimo Pennisi - fieredeltempolibero.it

A tavola con la serie A: così mangiano i campioni

Il piatto più odiato? Il pollo, senza dubbio. La cucina italiana sarà anche la più buona del mondo. Ma i calciatori in ritiro pre-campionato devono fare qualche rinuncia... Ecco come se la cavano i cuochi dei club.

A pancia piena si ragiona meglio, a pancia vuota - o riempita male - sicuramente si corre poco. Lo sanno bene i calciatori che, da quando hanno deciso di iniziare a rincorrere seriamente il pallone, hanno dovuto seguire delle precise regole alimentari. Bresaola, grana, pasta, verdure cotte e crude sono diventati presto i loro migliori amici.. quasi allo sfinimento in alcuni casi. "Mangiano per 20 giorni spaghettini con i pomodorini?. "Più o meno" risponde ridendo il cuoco del Lecce. "Odiano ormai il petto di pollo. C'è sempre. Dicono: no, ancora? No..." dice il cuoco della Roma.

Poco spazio alle seppur buone specialità locali. "Pesto solo il primo giorno di ritiro" la risposta del cuoco del Genoa, anche se qualche piccolo sgarro ogni tanto si può fare, ma sempre nei limiti. "Gli preparo un'amatriciana leggera, ma leggera eh...", il cuoco della Roma ride come un pazzo.

C'è chi rivendica la paternità della dieta mediterranea, come il cuoco del Bari: "Gli americani dicono che l'hanno inventata loro la cucina mediterranea... invece l'abbiamo fatto noi, mediterranei della Puglia". C'è chi viene dalla Germania e ormai si è abituato a wurstel e crauti (Luca Toni), chi dal Brasile. Anche se non sembra sentire la mancanza di feijoada e vatapà, come ci spiega il cuoco della Juventus: "Brasiliani? Ma se mangiano come gli italiani...". Niente richieste particolari ("Qualcuno ha mai chiesto in onore dei colori sociali del Palermo, nero di seppia in salsa rosa? No") ma solo qualche irrinunciabile abitudine. "Totti non può fare a meno della sua amata vaschetta di nutella tutte le mattine". E se Totti non rinuncia alla cioccolata, il suo compagno e amico De Rossi rimane più attaccato alle tradizioni laziali. "De Rossi un bel piatto d'amatriciana se lo mangia sempre volentieri". Tutti però a tavola ridono e stanno bene. Sono fortunati: la cucina italiana è la più buona del mondo. Anche se con qualche rinuncia in più.

sky.it 3 agosto 2010

Scuola, arriva il menù a km zero

Piatti regionali e cibi di stagione nelle linee guida per la ristorazione scolastica fissate dal ministero della Salute.

ROMA - Arriva nelle scuole il menu a chilometri zero, a base di piatti preparati tenendo conto della stagionalità dei cibi e utilizzando quanto più possibile alimenti tipici delle varie aree geografiche. Lo prevedono le nuove linee guida per la ristorazione scolastica fissate dal ministero della Salute. Per la Coldiretti il cambiamento contribuirà ad arricchire e riqualificare l'offerta delle mense, favorendo la conoscenza delle tradizioni gastronomiche nei propri territori di residenza. Niente ciliegie o pesche a Natale, dunque, ma arance in Sicilia e mele nel Veneto, oltre ad altri esempi basati sui prodotti locali che verranno consumati con più frequenza nelle rispettive regioni.

TRADIZIONI A TAVOLA. L'Italia può contare su 4511 prodotti agroalimentari tradizionali, ottenuti secondo regole antiche tramandate nel tempo e censiti dalle regioni. A prevalere tra le specialità "salvate dall'estinzione" sono - sottolinea la Coldiretti - 1362 diversi tipi di pane, pasta e biscotti, seguiti da 1263 verdure fresche e lavorate, 748 salami, prosciutti, carni fresche e insaccati di diverso genere, 461 formaggi, 154 bevande tra analcoliche, liquori e distillati e 150 prodotti di origine animale (miele e specialità lattiero-casearie escluso il burro). Nella mappa delle regioni che presentano la più ricca biodiversità a tavola si classifica al primo posto la Toscana con 463 specialità, seguita sul podio da Veneto e Lazio (367) e Piemonte (365). Seguono Campania (333), Liguria (295), Calabria (272), Sicilia (238), Emilia-Romagna (233), Puglia (222), Lombardia (209), Sardegna (172), Molise (159), Friuli-Venezia Giulia (151), Marche (147), Abruzzo (143), Trentino Alto Adige (109), Bolzano (92), Basilicata (73) Umbria (70) e per concludere la piccola Val d'Aosta (31).

"FRUTTA NELLE SCUOLE". "Le parole d'ordine sono cibo ed educazione: ritengo importante approfondire ogni aspetto di quanto accade nelle mense scolastiche e durante le ore che i nostri bambini trascorrono a scuola". Così il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Giancarlo Galan commenta il via della prossima edizione del programma dell'Unione europea "Frutta nelle scuole", nato con l'obiettivo di educare a una sana alimentazione fin da piccoli e di incentivare il consumo di frutta e verdura da parte dei bambini. In concreto il programma prevede una campagna di comunicazione e di informazione e soprattutto la distribuzione di frutta e ortaggi al momento della merenda di metà mattina, con lo scopo di sostituire agli snack preconfezionati prodotti naturali e salutari.

lunedì, 02 agosto 2010 - tg1.rai.it

Il Timballo del Gattopardo, giovedì 5 agosto alle ore 21, presso l'area archeologica Le Latomie dei Capuccini a Siracusa

Dopo il successo del debutto in prima nazionale avvenuto lo scorso 28 luglio a Taormina Arte “ Il Timballo del Gattopardo” andrà in scena per Il Circuito del Mito , giovedì 5 agosto alle ore 21 presso l'area archeologica Le Latomie dei Capuccini a Siracusa.


CATANIA, 03/08/2010 (informazione.it - comunicati stampa) Dopo il successo del debutto in prima nazionale avvenuto lo scorso 28 luglio a Taormina Arte “ Il Timballo del Gattopardo” andrà in scena per Il Circuito del Mito , giovedì 5 agosto alle ore 21 presso l'area archeologica Le Latomie dei Capuccini a Siracusa.


Scritto da Rosario Galli, per la regia di Giancarlo Sammartano, lo spettacolo è interpretato da Carlo Cartier e Carmelo Chiaramonte, firma la scenografia Antonello Geleng, Si tratta di un evento particolare e del tutto originale : letteratura e gastronomia siciliane si uniscono in una storia dalle tinte noir con incursioni ironiche e divertenti a causa della diversità dei due protagonisti, due chef di grande fama impegnati nella preparazione di un banchetto funebre in onore di una famosa Baronessa.

E, particolarità nella particolarità, durante lo spettacolo alcune delle specialità del banchetto saranno realmente realizzate da Carmelo Chiaramonte, stella montante della ristorazione nazionale, chef irrequieto, creativo e fantasioso, alla perenne ricerca di antiche ricette andate perdute e soprattutto di profumi, odori e sensazioni che prima del palato raggiungano l’olfatto, che prima che allo stomaco arrivino al cervello.

A beneficiare della sua opera, saranno proprio gli stessi spettatori, che alla fine di ogni replica potranno gustare la prelibata cucina siciliana. La presenza di Carmelo Chiaramonte aggiunge quindi una nota di realismo alla rappresentazione, permettendo al pubblico di gustare dal vivo i sapori e i profumi autentici della Sicilia.

Due chef in scena; due alchimisti alle prese con la gastronomia e la cultura Siciliane; ricette che si fondono con le pagine della letteratura; poesia del cibo e dell'anima; antiche tradizioni e pagine antiche. Per entrambi il cibo è espressione di sentimenti con cui si può sedurre, ammaliare, raccontare, attraverso il potere evocativo di spezie e aromi, accostamenti audaci di colori e profumi. Tra cibo e parola esiste una stretta relazione: la descrizione di un piatto può generare lo stesso incanto della narrazione di una fiaba, trascende la materia per toccare la fantasia.

Così la preparazione del banchetto funebre va avanti tra discussioni e litigi, in una miscela esplosiva di scontri verbali dagli esiti a volte comici a volte drammatici, ma sempre di alto livello gastronomico.

Attraverso le loro dispute , le loro apparenti differenti culture e filosofie, e le due visioni del mondo ,non solo culinario, i due protagonisti raccontano la Sicilia e le sue origini gastronomiche, da Archestrato di Gela, capostipite dei cuochi poeti e filosofi, fino a Brancati e Camilleri, passando per l’Abate Meli, Verga, De Roberto, Tomasi di Lampedusa e Vittorini.

Con un fondo comune a entrambi: i colori, i sapori, gli odori, i suoni, le delicatezze e le asperità della loro Sicilia.

Una produzione Associazione Città Teatro in collaborazione con la Provincia di Ragusa il Comune di Ragusa e la Camera di Commercio di Ragusa.

Lo chef Peppe Agliano nominato Ambasciatore della gastronomia

Prestigioso riconoscimento per lo chef Peppe Agliano, appena nominato Ambasciatore per la Sicilia Occidentale dell’Accademia Italiana Gastronomia Storica. Ad insignirlo di tale carica è’ stato Alex Revelli Sorini, direttore dell'Accademia Italiana Gastronomia Storica nonché esperto di alimentazione e tradizioni. L'Accademia Italiana Gastronomia Storica è un'associazione culturale senza scopo di lucro composta da giornalisti, enologi, chef, docenti universitari, ricercatori ed esperti nel campo della storia alimentare, delle tradizioni popolari, della dietologia e della storia dell’arte. Peppe Agliano con la sua attività, contribuirà alle finalità istituzionali dell’ente che sono quelle di ricercare storicamente tradizioni popolari, usi e abitudini ricollegabili all'enogastronomia, per promuoverne in Italia e all’estero la conoscenza anche in funzione didattica.


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