L'olivo mediterraneo sul tetto del mondo, per avviare la produzione
di olio alle falde dell'Himalaya, in Nepal. Il progetto, un'avventura
agronomica che vuol testare la sopravvivenza di una coltura tipicamente
mediterranea in aree climaticamente piu' ardue, e' stato illustrato dal
Dipartimento per la Innovazione nei Sistemi Biologici, Agroalimentari e
Forestali (DIBAF) dell'Università degli Studi della Tuscia, oggi nella
sede di Terni dell'Arpa Umbria.
Obiettivo del progetto è stato quello di verificare la possibilità di
implementare la filiera olivicolo-olearia in Nepal in vista di una
possibile diffusione nel paese di tale coltura su larga scala.
Tra il 1994 e il 1999 l'Università degli Studi della Tuscia di Viterbo
organizza due spedizioni scientifiche mirate allo studio della
vegetazione di alta quota nella zona nord-occidentale del Nepal. Nel
corso dell'ultima spedizione (1999) in tale area si rileva la presenza
diffusa di olivi (genere Olea): specie indigene di Olea cuspidata e Olea
glandulifera. Si svolgono diverse missioni che portano ad individuare
nel Distretto di Bajura, villaggio di Kolti, un sito adatto alla
sperimentazione.
Si mettono a dimora centinaia di olivi provenienti dalla collezione
dell'Università, si fanno innesti di varietà italiane (Olea europea)
sulla specie locale di Olea cuspidata ampiamente diffusa sul territorio
di questa regione dell'Himalaya. Successivamente sono state addestrate
le maestranze locali a queste pratiche colturali.Nasce così il progetto
di piantagione di piante d'Ulivo in Nepal. L'idea è quella di produrre
olio d'oliva sull'Himalaya.
L'olio del Nepal, si legge in una nota, non e' solamente il frutto di
una ricerca scientifica, ma anche la spinta etica per il miglioramento
della dieta alimentare. Questo progetto ha infatti incluso diversi
aspetti della ricerca sul campo, includendo l'innesto antropologicamente
corretto di saperi altri anche grazie alla lettura delle forme
tradizionali di espressione che accompagnano riti e culture locali.
ansa